Da un paio di mesi a questa parte, quando parlo con amici e familiari e mi chiedono come sta andando, le risposte non si allontanano da un “Sto bene, grazie”. Ma, sto mentendo.
Ogni giorno durante questa quarantena, avviene un combattimento dentro me. Sembra, che demoni interiori stiano giocando con le mie ansie e le mie paure. In un turbinio sinusoidale di stati d’animo, alti e bassi si alternano con naturalezza e perseveranza. Che poi per essere più preciso, sarebbe da chiamarli ‘medi’ e ‘profondi bassi’. Ma ci siamo capiti.
Sono uno di quei creativi italiani che non è ancora né un lavoratore dipendente, né un autonomo. Questo si concretizza che non sto lavorando né in modalità di smart working, né sono in cassa di integrazione, come non avrò diritto al famoso contributo una tantum erogato dall’INPS. Pertanto, le manovre intraprese dal governo italiano in carica, rendono il tutto ancora più sfumato.
Domande come ‘Chi sono‘ e ‘Cosa ne sarà di me e della mia professione’ non si esimono dal processo del pensiero; mentre mi lavo i denti o fisso il vuoto ad esempio.
2020: un anno che si prospettava esser finalmente quello giusto per avviare la mia realtà come libero professionista, come è da prassi la scalata italiana professionale. Avrei abbandonato le ritenute di acconto e quei brevi contratti Cococo.
A fine gennaio di questo anno, un mio già cliente, conoscendo le mie competenze, ma soprattutto credendo nel mio valore, ha deciso di documentare le sue attività. New York, Roma, poi la capitale nipponica Tokyo, per infine tornare negli USA. Nell’arco di 45 giorni avrei girato 3 dei 6 continenti, contando l’Antartide. Mentre ciò si stava manifestando nella mia vita, il mondo e prima ancora l’Italia, si sono fermati. In un momento così, fecondato da una grande opportunità professionale e di realizzazione personale, il mondo cade in ‘lockdown‘.

Caro compagno,
riesci a comprendere lo sgomento che si cela dietro la mia risposta “Sto bene, grazie”. Perché sgomento, è la parola che meglio condensa non solo la mia situazione, ma anche quella di tanti cittadini italiani, che più di tutti gli altri popoli risentono è risentiranno della crisi.
Durante gli anni, mentre la terra girava nel suo moto attorno al sole, ho iniziato ad apprendere l’autodisciplina e l’effetto che comportano le azioni. Passo dopo passo, errore dopo errore, ho imparato a gestire ed a prendere in mano le redini della mia vita. Quello che sta accadendo in questa quarantena, è che vieni tirato fuori da questo gioco, in cui stavi dando anima e corpo. L’unica cosa che ti rimane da decidere nelle tue omologate giornate, sono i contenuti su Netflix che puoi guardare.
Ci si sente inermi nella creazione della propria realtà. Presente e futuro che non dipendono più dalle tue mani; la sensazione è quella di essere una barca senza remi, in un aperto mare. Ecco che la parola ‘sgomento’ risulta puntuale e calzante. Come da definizione della saccente Treccani, “É lo stato di turbamento e di depressione psichica in corso, causato dal timore e dalla preoccupazione […]” di un grande punto di domanda, chi sei e di cosa sopravviverai nell’avvenire.
Questo aggettivo raggiunge l’auge in questa composizione fotografica. Trasposizione puramente visiva per gli occhi, struggente per il linguaggio dell’anima. I lineamenti del nostro volto che ogni giorno vediamo negli specchi e nei nostri selfies, diventano sfumati ed incerti. Ciò che prima rappresentava una sicurezza, una solida base della nostra vita, non fa più parte del nostro quotidiano. Il futuro, già misterioso di per sé, diventa ancor più sfumato, proprio per il dubbio del presente. Non rimane che rassegnarsi.

Ma chi è che può con fermezza affermare che questo incerto presente, non sia il momento giusto per dar vita ad una trasformazione? Chi è lo scellerato, che può stringere il pugno al petto e gridar con tutto il fiato che ha in corpo e con assoluta certezza, una simile abominevolezza?
Perché se si osserva bene l’opera che ho interpretato, il volto si trova in una posizione preponderante verso la luce del sole, che illumina la stanza. Questo a significare che rivalutando questo presente, ci può essere un futuro nuovo. Perché puoi anche stare dannatamente fermo a disperarti per le scelte che abbiamo dovuto subire, ma il ritmo incessante della vita prosegue a prescindere.
Ecco che la percezione di questa crisi, iniziata come sanitaria, diventata economica e poi identitaria, si trasforma e assume le sembianze di un’occasione. Diventa il momento ottimale in cui si possono rimischiare le carte del mazzo. Comprendiamo che non stiamo giocando la nostra migliore partita stando immobili. Che possiamo riprendere il mazzo in mano e generarne una nuova. Torniamo ad operare nella vita, come già accadeva prima della quarantena, perché siamo solo noi i responsabili del futuro. E nell’attimo di consapevolezza realizzato, comprendiamo che in questo arioso e sfumato presente, abbiamo il ruolo attivo del giocatore che gioca la partita, del mazziere che mischia le carte e comprendiamo che l’avversario che abbiamo di fronte siamo noi stessi.